Chi di voi conosce questo termine? Ipotizzate di essere seduti su una panca – bench in inglese – e dal vostro punto di osservazione studiate e annotate i comportamenti – to mark, appunto – della persona seduta di fronte a voi.
Il benchmarking è un metodo basato sul confronto che consente alle aziende – leader dello stesso settore – di compararsi tra loro, ai fini di apprendere e migliorare costantemente.
La sua introduzione ufficiale avvenne nel 1979 ad opera della Xerox Corporation, multinazionale specializzata nella produzione di carta ed apparecchiature fotografiche. Robert Camp, il padre fondatore di questa tecnica manageriale, ebbe il compito di migliorare le condizioni del reparto logistica che all’epoca dirigeva, attraverso il confronto con i processi operativi dei competitors.
Rispetto alla tradizionale analisi della concorrenza, che si limita al raggiungimento di un vantaggio marginale, il benchmarking è un processo dinamico che permette alle imprese di orientarsi verso l’eccellenza nel mercato, fino ad ottenere il titolo di “best in class”.
Nella sua concezione più elementare, se ci pensate, si mostra come una “strategia di imitazione”, usata da sempre e da chiunque in tutti gli ambiti della vita quotidiana e lavorativa.
Vantaggi VS Svantaggi
Il metodo in esame può portare a numerosi aspetti positivi come:
- Individuazione di obiettivi effettivamente realizzabili
- Adozione di standard difficilmente individuabili senza il confronto
- Rilevazione di nuovi standard efficaci dal punto di vista del cliente
- Avvicinamento dei parametri aziendali alle “buone prassi” o comunque alle pratiche migliorative
- Aumento della propensione al cambiamento e all’innovazione
- Aumento del numero di controlli e revisioni
Allo stesso tempo, però, presenta alcuni aspetti negativi:
- Richiede molto impegno e dedizione per avere successo
- Richiede tempo e denaro
- La sensibilità competitiva impedisce il flusso libero delle informazioni necessarie all’attuazione
- Paragonare i processi e le prestazioni con i migliori della classe dovrebbe essere fatto continuamente, non solo in un determinato arco temporale
- Rischia di essere un semplice paragone di indicatori senza analisi delle cause
- A volte è incerto: il successo dell’azienda presa in esame è realmente attribuibile al benchmarking o dipende da altri fattori?
Coca Cola e Pepsi – Le Eterne Rivali

In questo articolo, per rendere l’argomento più frizzante, vorrei riportavi il famoso “caso Coca Cola – Pepsi”, dirette concorrenti nel settore bevande in quasi tutti i Paesi del mondo.
Ripercorriamo insieme la loro storia…
Inizialmente, Pepsi ha incontrato molte difficoltà e si è trovata spesso sull’orlo del fallimento, poi è riuscita a trovare un primo vantaggio competitivo negli anni ’30: ha lanciato sul mercato le bottigliette da mezzo litro a soli 5 Cent, costo che Coca Cola aveva fissato per il formato da 0,2 cl.
Coca Cola ha quasi sempre conservato una certo margine di superiorità nel tempo, ma Pepsi – dalla sua posizione subordinata – non si è mai arresa, continuando a lavorare sull’innovazione e sul miglioramento.
Ecco alcune iniziative introdotte da Pepsi negli anni ’50, ’60 e ’70:
- Una maggiore attenzione al crescente fenomeno delle vendite nei supermercati, quando ancora Coca Cola riforniva esclusivamente ristoranti, bar, cinema, distributori automatici e botteghe.
- Introduzione del formato da un 1 litro per il consumo familiare.
- Ampliamento della gamma dei prodotti con l’introduzione della Diet Pepsi e della Pepsi Light.
La risposta di Coca Cola si è manifestata con un massiccio aumento della pubblicità e con l’introduzione di innovazionianaloghe a quelle di Pepsi: lattine, bottiglie più grandi, prodotti al limone come Sprite e bibite senza zucchero. L’impresa, tuttavia, ha rifiutato l’idea di apporre ai nuovi prodotti il marchio Coca Cola.
Negli anni ’70 – ’80 il confronto tra le due rivali è stato segnato da due eventi significativi.
Il primo riguarda la Campagna “Challenge” lanciata da Pepsi nel 1974. Attraverso una prova del gusto condotta con Blind Test (Test Cieco), si dimostrava una preferenza di sapore della Pepsi rispetto alla Coca Cola. Il test veniva promosso nelle varie catene di distribuzione e nei negozi, dove erano allestiti appositi stand di prova.
Il secondo evento, ad opera di Coca Cola, è ormai entrato nella storia del marketing.
Grazie ad alcune ricerche di mercato l’azienda aveva scoperto che i consumatori più giovani – target estremamente importante – preferivano le bibite più dolci, simili a Pepsi. Le vendite cominciavano a risentirne, così, nel 1985 è stata resa pubblica l’intenzione di cambiare la storica ricetta del prodotto.
L’annuncio, per nulla gradito dai consumatori, ha portato Pepsi in una condizione di momentaneo vantaggio e Coca Cola, costretta a tornare sui suoi passi, ha reintrodotto la vecchia formula.
Alla fine degli anni ’90, la lotta tra le due multinazionali è stata segnata da altri fattori:
- L’introduzione di nuovi prodotti indirizzati allo stesso target
- La diversificazione aziendale di Pepsi che si è rivolta agli snack e ai fast food
- L’esplosione dei mercati non ancora sfruttati dove era vietato il consumo di alcool
Nei primi anni 2000 Pepsi e Coca Cola hanno continuato la loro battaglia puntando sull’aumento delle campagne pubblicitarie: hanno investito ingenti somme di denaro per far comparire i propri brand nei film e si sono avvalse di famosi testimonial negli spot televisivi.
Recentemente, invece, si è assistito ad un calo di acquisti delle bibite gassate, con un maggior interesse da parte dei consumatori per le bibite alternative. Colpo basso per entrambe le multinazionali, oserei dire!
E in futuro cosa accadrà? Credo proprio che le sfide di marketing tra i due colossi saranno sempre più accese.
Concludo affermando che è essenziale tener sempre d’occhio la concorrenza, se vogliamo accrescere il nostro business.
Oggi nella vendita vince chi sa attirare i clienti e non chi continua a rincorrerli.
Pensa in Grande!
Alessandro Ferrari
