Listening: perché è importante ascoltare gli utenti online?
Prima dell’avvento di internet, il marketing tradizionale colpiva il consumatore in tre principali momenti:
– C’era il cosiddetto stimolo iniziale, ovvero l’esposizione del brand aziendale attraverso diverse forme di pubblicità: l’advertising sui media tradizionali come TV, giornali e radio, la promozione di eventi, l’affissione di cartelloni pubblicitari, l’invio di offerte tramite volantinaggio, ecc.
– Il primo momento della verità (FMOT), cioè l’esperienza diretta del cliente nel punto vendita. Qui entravano in gioco variabili come: gentilezza, efficienza e preparazione del personale addetto alle vendite, una politica di prezzi in linea con le aspettative del cliente, il design del negozio e tutte le strategie di visual merchandising.
– Il secondo momento della verità (SMOT), ossia l’esperienza post-vendita, quando il consumatore utilizzava il prodotto/servizio acquistato e lo valutava più o meno positivamente.
Poi, qualcosa è cambiato nell’era del digital marketing…
Questi, secondo il vice presidente di Google Jim Lecinski, sono esempi di ZERO MOMENTS OF TRUTH, cioè nuovi momenti di contatto tra l’utente e l’azienda, resi possibili dall’espansione della rete e dalla diffusione dei social media.
I clienti cercano sempre più spesso informazioni online prima di recarsi in un punto vendita (First Moment of Truth) e prima di acquistare e utilizzare un prodotto/servizio (Second Moment of Truth). I luoghi che influenzano maggiormente i consumatori sono i siti di recensioni (vedi TripAdvisor), i forum di discussione, i blog, i quotidiani online e ovviamente i social network.
I nuovi momenti di verità appena citati incidono profondamente sulle scelte quotidiane delle persone, e di conseguenza su quelle delle aziende. È pertanto necessario essere consapevoli di ciò che si dice in rete rispetto al proprio brand e ai propri prodotti/servizi.
L’attività pianificata e sistematica di analisi del passaparola che ha luogo sul web prende il nome di monitoraggio o ascolto della rete. Il monitoring deve essere alla base di ogni strategia di digital marketing che si rispetti, perché è partendo dai risultati monitorati in tempo reale che si possono modificare le misure adottate, prevenire gli errori e ottimizzare le operazioni in corso d’opera. Non si tratta di una scelta facoltativa, ma di un’attività indispensabile che renderà efficace la propria presenza online.
Gli obiettivi del monitoraggio possono essere molteplici e coinvolgere più dipartimenti aziendali, anche in relazione alla struttura organizzativa. L’immagine qui sotto riassume i principali obiettivi di un progetto d’ascolto:
Il processo di social media monitoring può essere suddiviso in 3 principali step, che si servono dell’utilizzo di diverse tecnologie e competenze:
- La fase di ascolto (acquisizione dei contenuti);
- La fase di classificazione e filtraggio dei contenuti rilevati;
- La fase di analisi e reportistica.
Ascolto
La prima fase è dedicata all’acquisizione dei dati. Per ogni progetto di ascolto della rete sarà necessario identificare i luoghi in cui più probabilmente gli utenti affronteranno i temi di nostro interesse. Benché ogni piattaforma presenti caratteristiche diverse, è possibile individuare le tecnologie più comuni per le diverse tipologie di fonti. I blog e siti di news sono solitamente dotati di RSS e, grazie ad essi, possono essere monitorati in modo semplice; i social media forniscono di solito un accesso gratuito alle loro API, permettendo una raccolta dei dati attraverso keyword di ricerca. Per ogni progetto dovranno essere quindi identificate le parole chiave in grado di restituire tutti i messaggi riferiti a un brand, ai suoi prodotti/servizi, ai suoi concorrenti o a tematiche più ampie; tutte le fonti che non dispongono di RSS o non forniscono delle API, richiedono invece la creazione di spider appositi, cioè software in grado di catturare i contenuti e archiviarli.
Classificazione
La seconda fase del processo di monitoraggio consiste nella classificazione e comprensione dei dati raccolti. È indispensabile che l’insieme disordinato delle conversazioni venga inserito in una rappresentazione ordinata, per poi effettuare analisi successive. Alcuni tool, configurati in base alle proprie esigenze, riconoscono i documenti che contengono determinate stringhe di testo, li raccolgono e li classificano in macro-aree tematiche. Si tratta sostanzialmente di un’analisi semantica.
Analisi
Le informazioni opportunamente classificate vengono infine rappresentate graficamente per fornire un quadro di riferimento chiaro ed esaustivo, in grado di definire: chi, dove e quanto ha parlato in rete del tema oggetto d’interesse; quali sono gli argomenti maggiormente trattati riguardo al tema, i concetti più dibattuti; qual è l’engagement, cioè il livello di coinvolgimento degli utenti rispetto al tema preso in esame.
Concludo il paragrafo con questa frase di Vincenzo Cosenza:
“L’errore più comune fatto in questi anni dalle aziende è stato quello di affacciarsi negli ambienti social della rete senza comprenderli a sufficienza.”
Dobbiamo perciò partire dal presupposto che non si può parlare con un interlocutore senza prima averlo ascoltato: bisogna capire chi è, cosa vuole e cosa si aspetta da noi.
Come misurare il ROI delle attività sui Social Media?
Nell’ambito del digital marketing sorge sempre più frequentemente questa domanda: qual è il ROI dei Social Media? La risposta può essere molto vaga o addentrarsi in complicati algoritmi. In realtà, posta in questi termini, la questione non è propriamente corretta e per meglio riflettere sull’argomento dovremmo chiederci: che cosa sono i Social Media? Che cos’è il ROI?
I Social Media sono quei servizi web based che rendono possibile la socializzazione e il trasferimento di un determinato messaggio. Domandare quale sia il ROI dei social media equivale a chiedere quale sia il ROI dei mass media, ovvero di una serie eterogenea di media. (Non è quindi corretto.)
Veniamo ora alla definizione di ROI (Return of Investment): con questo acronimo si indica una semplice formula per il calcolo della profittabilità del capitale investito. È una metrica prettamente finanziaria, facile da calcolare se si conoscono gli elementi che compongono il numeratore e il denominatore.
Molti social media marketer riconosciuti a livello mondiale sostengono di aver calcolato il ROI delle loro attività.
Indagando su quali valori le aziende includono nel calcolo del ritorno, emerge che il 62 % considera il valore effettivo delle vendite generate dai programmi di social marketing, il 49 % il valore stimato dell’incremento di traffico al sito generato dalle attività social, il 47 % il valore stimato delle nuove opportunità di business. Inoltre, c’è chi considera il valore generato dai fan/follower o dall’awareness (24 %). Infine, solo il 13 % considera la riduzione di costo del customer service e dell’acquisizione di nuovi clienti a seguito dell’introduzione dei social media.
Per quanto riguarda il calcolo dei costi (denominatore), il 66 % risponde che sono quelli relativi allo staff dedicato alle attività di social media, il 48 % sono i costi della pubblicità sui social media, il 29 % i compensi per le agenzie e i consulenti.
La domanda iniziale, quindi, dovrebbe essere riformulata prendendo in esame la specifica attività posta in essere, dalla quale ci si aspetta chiaramente un risultato in termini finanziari. Per esempio, “Quale ROI ci si può attendere dallo spostamento del 20% delle risorse dal call center tradizionale al customer care via Facebook, nel prossimo semestre?”
Quando definiamo il nostro social media plan dobbiamo avere ben chiaro cosa vogliamo misurare.
Ecco gli errori più comuni che si commettono nella misurazione de ROI:
- Avere una visione limitata al breve periodo che trascuri gli effetti di lungo termine.
- Farsi guidare dalle metriche imposte dai social media – come numero di fan e follower – che non dicono niente sul reale coinvolgimento dei propri potenziali clienti.
- Non considerare gli obiettivi aziendale, ritenendoli scollegati dalle attività svolte sui social media.
Dunque, è bene chiedersi: qual è l’obiettivo di business che si vuole perseguire in un determinato momento? Ogni azienda può averne diversi:
- Creare/rafforzare la notorietà del brand (brand awareness)
- Lanciare e promuovere un nuovo prodotto/servizio (advertising & promotion)
- Aumentare il livello di fidelizzazione dei clienti (customer loyalty)
- Migliorare la reputazione online (brand reputation)
- Aumentare il numero di vendite online (e-sales)
- Indirizzare più traffico verso il proprio sito web (traffic generation)
- Ottimizzare il supporto cliente (customer service)
- Implementare la promozione sul punto vendita (instore promotion)
- Coinvolgere attivamente i propri clienti (social engagement)
- Collaborare con i clienti nella creazione di nuovi prodotti (new ideas generation)
Se l’obiettivo di business riguarda il miglioramento delle performance finanziarie aziendali, si può studiare un’attività che attraverso i media sociali riduca le richieste al call center tradizionale. Un team di supporto su Facebook può essere creato e misurato attraverso una metrica business e una social. Quella di business riguarda la riduzione del traffico al call center tradizionale e dunque dei costi dell’operazione. La metrica social da controllare sarà il numero di risposte date e la percentuale di problematiche risolte attraverso la piattaforma social.
Conclusioni
Come ho detto in un precedente articolo, avere successo sui social media non significa semplicemente ottenere milioni di like o di follower. Avere successo sui social media vuol dire trasformare l’interazione in risultati concreti, vuol dire ascoltare attivamente i propri potenziali clienti, osservando il mercato da una posizione privilegiata.
Pensa in Grande!
Alessandro Ferrari